Un serio problema di salute, l’insorgenza di una malattia autoimmune con l’innesco di una risposta infiammatoria, i dolori e le limitazioni che comporta, una diagnosi di patologia cronica, hanno sicuramente un impatto importante non solo su chi ne soffre, ma anche sul sistema di cui fa parte, arrivando a coinvolgere la coppia, la famiglia, le relazioni e la sfera lavorativa. La spondiloartrite assiale, comunemente nota come artrite infiammatoria della colonna vertebrale, fa parte di questo quadro.

Dolore, rigidità, affaticamento e perdita progressiva della mobilità e della funzionalità spinale possono alterare significativamente la quotidianità e le abitudini, con un peso importante sulla qualità della vita.

Non solo cambia il presente, ma spesso anche il futuro inteso in termini di progettualità possibile. Anche la propria identità e l’immagine di sé possono subire delle modifiche dovute ai cambiamenti del proprio corpo, della sua mobilità e funzionalità. È possibile sperimentare sentimenti di rifiuto e negazione, ma si può anche arrivare a una accettazione attiva della propria patologia, intesa come un nuovo e rinnovato equilibrio, fatto di consapevolezza, di capacità e volontà di fare propria una strategia di cura, di accettare la propria parte di responsabilità nelle scelte e nel successo terapeutico, e un maggior coinvolgimento nelle decisioni e azioni che riguardano la propria salute. Il processo che favorisce l'autoefficacia e l'autodeterminazione, la capacità di riappropriarsi del proprio potenziale, un ruolo attivo e consapevole sulle scelte relative al proprio benessere psico-fisico anche in una condizione di cronicità, prende il nome di empowerment. Non si tratta di un obiettivo da raggiungere da soli, ma piuttosto l’espressione di un rapporto virtuoso con i propri curanti intesi in senso lato.

Esso rappresenta infatti il prodotto di una relazione di cura che bene si sposa con quella che viene definita medicina centrata sulla persona che non è una branca della medicina, ma un atteggiamento di base. Riguarda l’unicità e la dignità dell’uomo, anche nel suo soffrire, con le sue risorse al di là della disabilità, con i desideri di essere accettato e di essere validato e di trovare uno scopo e un senso nella vita (Tournier P., 1940). Un approccio che focalizza l’attenzione non solo sugli aspetti di malattia, ma anche sugli aspetti positivi della persona e che promuove la sua salute in senso completo, in cui è il professionista a estendersi verso l’altro come essere umano e non meramente come tecnico; promuovendo il compimento della salute, delle aspirazioni, dei progetti di vita della persona e non solo la gestione della malattia, in un rapporto di rispetto, collaborazione e, appunto di empowerment (Mezzich et al., 2017).

Tournier P. (1940), médicine de la personne. Ed. Delachaux et Niestlé.
Mezzich et al. (2017), Person-centered psychiatry, Ed. Springer Verlag.

 

Affrontare le spondiloartriti

ANCHILOSI: che cos’è? Le basi dell’aggettivo “anchilosante” e le differenze con le forme non radiografiche

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Autore

ALESSANDRA
ROSABIANCA

PSICOLOGA-PSICOTERAPEUTA

Psicologa-psicoterapeuta a orientamento analitico transazionale, esercita la libera professione. Da anni si occupa di promozione della salute e di prevenzione. Collabora con APMARR, Associazione Nazionale Persona con Malattie Reumatologiche e Rare, occupandosi della consulenza e del sostegno psicologico on-line. Sensibile ai temi della cronicità e delle patologie reumatiche autoimmuni, crede nell’umanizzazione delle cure e nella centralità della persona.

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