Spondilite Anchilosante (SA) e autostima

In psicologia il concetto di autostima ha un’ampia storia di elaborazioni teoriche e non ha avuto sempre un’accezione univoca. Una definizione utile, concisa e condivisa potrebbe essere la seguente: l’insieme dei giudizi valutativi che l’individuo dà di sé stesso. Un individuo si valuta positivamente o negativamente secondo tre processi fondamentali: l’assegnazione di giudizi da parte altrui, il confronto sociale ed il processo di auto-osservazione.

Nel processo di formazione dell’autostima prendono parte due componenti: il sé reale e il sé ideale. Il sé reale è una visione oggettiva delle proprie abilità: in sintesi, corrisponde a ciò che un individuo è realmente. Il sé ideale rappresenta ciò che l’individuo vorrebbe essere. L’autostima si forma, pertanto, dai risultati delle nostre esperienze (reali) paragonati con le aspettative (ideali). Più aumenta il divario fra queste due, minore sarà la stima di noi stessi.

Una autostima bassa può comportare una ridotta partecipazione ed uno scarso entusiasmo. Vengono riconosciute esclusivamente le proprie debolezze, mentre vengono trascurati i propri punti di forza.

Le persone con una bassa autostima si arrendono molto più facilmente quando si tratta di raggiungere un obiettivo, soprattutto se incontrano qualche difficoltà o sentono un parere contrario a ciò che pensano.

Di contro, possedere un’alta autostima significa saper riconoscere in maniera realistica di avere sia pregi che difetti, impegnarsi per migliorare le proprie debolezze, apprezzando i propri punti di forza. Tutto ciò enfatizza una maggiore apertura all’ambiente, una maggiore autonomia e una maggiore fiducia nelle proprie capacità.

Le persone con un’alta autostima dimostrano una maggiore perseveranza nel riuscire in un’attività che le appassiona o nel raggiungere un obiettivo a cui tengono e sono invece meno determinate in un ambito in cui hanno investito poco. Si tratta di persone più propense a relativizzare un insuccesso e ad impegnarsi in nuove imprese che le aiutano a dimenticare.

Per accrescere la percezione positiva di sé (e dunque l’autostima) esistono diverse strategie.

Innanzitutto risulta importante porre attenzione al nostro dialogo interno e aumentare la nostra autoconsapevolezza sul dialogo positivo con sé stessi, utilizzando la propria voce interiore. In altre parole, se noi per primi inviamo dei messaggi positivi alla nostra mente, è molto probabile che le autopercezioni possano migliorare.

Un'altra strategia utile è quella di interpretare con maggiore obiettività le situazioni negative, da noi indipendenti, limitandoci a definirle semplicemente sfavorevoli (ristrutturazione dello stile attribuzionale).

Migliorare l’autocontrollo, la capacità di problem solving e le abilità comunicative accresce positivamente la nostra autostima.

Un semplice esercizio può essere il seguente compito di automonitoraggio: quotidianamente, su un diario, annotare tre cose che si sono apprezzate di sé stessi durante la giornata. Il giorno seguente si può rileggere la lista, prima di affrontare la propria giornata. In questo modo, il nostro dialogo interno avrà a disposizione degli elementi concreti della nostra esperienza per attribuire dei giudizi positivi su di noi.

 

Bibliografia

Albert Ellis L'autoterapia razionale emotiva Come pensare in modo psicologicamente efficace Erickson, Trento, 2015

Pope, McHale, Craighead, Migliorare l'autostima, Erickson, Trento, 1992

La comprensione emotiva: l'importanza del racconto e dell'ascolto nelle patologie croniche

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CONOSCI ANNALISA

Autore

ANNALISA
STICCHI

PSICOLOGA E PSICOTERAPEUTA

Psicoterapeuta ad orientamento cognitivo comportamentale, con esperienza in psicologia della salute, esercita l’attività libero-professionale a Lecce. Dal 2011 collabora con APMAR onlus - Associazione Nazionale Persone Con Malattie Reumatologiche e Rare, occupandosi della consulenza e del sostegno psicologico presso i reparti ospedalieri, della formazione dei volontari e dello sportello d'ascolto rivolto alle famiglie che affrontano l'esperienza della cronicità in età pediatrica.

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