Quando si torna

Le emozioni

QUANDO SI TORNA

È il momento in cui si capiscono le tappe

 

“SCROSCHHHHH” il crepitio dell’acqua sul fondo della doccia.

Le gocce rimbalzano sul vetro tracciando itinerari inconsueti, difficili da seguire con la dita e con la mente.

Capo chinato sotto il peso del flusso d’acqua che proviene dal soffione, appeso qualche centimetro sopra i miei pensieri sfibrati dallo sforzo. In quello spazio, che va dalla fine del mio capo al principio del soffione, si condensa lo scontro tra fatica e ristoro.

Il corpo, mollo, si lascia calamitare verso il basso dalla gravità. Ogni singola fibra, in religioso silenzio, viene rinfrancata dal tepore del vapore che circonda lo spazio all’interno della doccia.

“Come ti senti?”

“Ci son riuscito anche questa volta”

“Si, ci sei riuscito! La schiena come va” ?

“Al momento è ancora attaccata. E’ stanca tanto quanto ogni altra parte del mio corpo”

“E adesso? Abbiamo altro da combinare assieme” ?

“………….”

L’aria calda dell’asciugacapelli puntato sullo specchio apre un varco tra il vapore condensato sulla superficie riflettente. Eccomi!

Finalmente ho un aspetto umano o almeno credo, nonostante la testa avvolta dall’asciugamano neanche fosse il turbante di Moira Orfei.

Fisso la mie pupille.

Pupilla, dal latino pupìlla che significa bambina, bambino. Infatti, gli occhi sono l’unico organo che non cresce. È lo spazio attraverso il quale è possibile vedere il bambino, dentro l’adulto.

Bisogna coltivare la propria incoscienza, un’infantile follia,  per poter spingersi oltre, puntando all’impossibile, provando invece che era possibile.

“Partire è vincere l’abitudine, il limite, l’affanno”

“Ed io sono più affanno o più stimolo”

“Te, onnipresente compagna di viaggio,  sei entrambe. A volte più stimolo, altre più affanno, dolore e passione.

Ormai, dopo tutti questi anni ci conosciamo e abbiamo imparato a convivere. Quello che ho fatto, sto facendo e farò è anche opera tua, nonostante tutto”

“Si, è vero! I primi anni ti ho causato parecchio dolore ma adesso stiamo bene assieme, siamo una bella coppia”

“Più che bella direi inconsueta, forzata, improvvisa. Avrei preferito un altro approccio ma certe cose non si scelgono. Ho imparato ad accettarti, ascoltarti e capirti. Se siamo riusciti a far quel che abbiamo fatto è stato merito di entrambi”

“Quindi faremo qualche altro viaggio zaino in spalle assieme” ?

“Si, non so quando, ma son certo che rifaremo qualcosa del genere”

“Grazie”

In fin dei conti io viaggio non per andare da qualche parte, ma esclusivamente per andare. Insomma, per capirci, viaggio per viaggiare. Muoversi, percepire il pizzicore da logoramento, scendere da cavallo per sentire nella pura fatica la ruvidità dell’esistenza.

Per poi rinascere nuovamente, stanco ma felice.