Giorgio e la scoperta della SA

Interviste

GIORGIO E LA SCOPERTA DELLA SA

La prima tappa di un viaggio simbolo sulle spondiloartriti assiali

 

Giorgio Circosta è un giovane adulto della provincia di Varese che da almeno 15 anni soffre di spondilite anchilosante, una malattia reumatologica cronica che non gli ha impedito di condurre una vita “normale” da tutti i punti vista, seppur con alcune limitazioni. Ma soprattutto di intraprendere con passione, non senza una punta di ostinazione, i sentieri e le strade che attraversano molti paesi del mondo. La Via Francigena, il Cammino di Santiago di Compostela in Spagna, Israele, la Palestina passando da Gerusalemme sono solo alcune delle mete raggiunte da Giorgio. In che modo e con quali mezzi? Camminando con le proprie gambe.

Giorgio, puoi raccontarci l’esordio della tua malattia?
Intorno ai 19 anni sono comparse le prime manifestazioni di quella che poi si rivelerà la vera natura della malattia. Parliamo di sintomi lievi come mal di schiena o episodi di lombosciatalgia, ai quali non ho dato sufficientemente peso all’inizio, ma che con il passare del tempo si sono accentuati con un impatto pesante sul mio stato di benessere e di salute generale. Per esempio, il mal di schiena di tipo infiammatorio, che ha segnato le fasi precoci di questa patologia, ha successivamente finito per limitare la mobilità della mia colonna vertebrale per poi far emergere una sintomatologia dolorosa vertebrale insopportabile, che insorgeva durante il riposo notturno, ma proseguiva anche nelle ore diurne, e rispondeva (o quasi per nulla) con difficoltà al trattamento con diversi farmaci. Basti pensare che a letto potevo rimanere solo in posizione seduta e che togliermi/indossare calze e scarpe diventava un’impresa quasi sovrumana. Purtroppo, in questa fase difficile e clinicamente poco chiara non sono mancate le interpretazioni “distopiche” di quanto mi stava accadendo, secondo cui la mia non era una vera e propria patologia, ma una malattia “immaginaria”, arrivando a “curarrmi” con dose di arnica. Ma in casi come questo la psicosomatica è fuori luogo: si trattava di un dolore realmente fisico e non mentale.

A che punto della tua vita è sopraggiunta la diagnosi?
All’età di circa 25 anni, dopo 5-6 anni di convivenza con questa esperienza dolorosa, sono riuscito finalmente ad ottenere, quasi per caso, la diagnosi di spondilite anchilosante. Ma non è stato per nulla facile. All’inizio mi sono rivolto, come succede in molti casi alla maggioranza delle persone, al medico di famiglia, il quale si limitava a prescrivere gli antinfiammatori comuni per i dolori osteoarticolari con risultati nulli. In seguito, ho consultato un ortopedico e un neurologo senza successi degni di nota. Solo allora, grazie alla cocciutaggine di mia madre, mi sono rivolto ad uno specialista in reumatologia che, con appropriati esami clinici e strumentali, non solo ha rilevato una cosiddetta eterometria apparente degli arti inferiori, cioè una differente lunghezza di una gamba rispetto l’altra dovuta non a un difetto anatomico quanto ad un atteggiamento della colonna vertebrale e del bacino causato da una condizione morbosa, ma è riuscito ad inquadrare correttamente la malattia che mi accompagnava da diversi anni.
Conoscere la malattia da affrontare è liberatorio. Anche le cose di tutti i giorni più banali non sono più scontate. Dopo la diagnosi di spondilite anchilosante è seguito il trattamento con la terapia biologica in grado di tenere sotto controllo l’infiammazione cronica che caratterizza questa patologia. Tutto questo, per me, si può definire con un termine solo: RINASCITA!